Sport Civico, da Torino a Taranto: le città cambiano volto

Lo sportpertutti inaugura l’area pedonale a Cumiana 15, mentre Uisp Taranto annuncia una conferenza stampa per presentare l’iniziativa

Lo abbiamo annunciato, lo abbiamo spiegato, abbiamo cominciato a raccontarlo: Sport Civico è entrato nel vivo! Il progetto nazionale Uisp che rivoluziona lo sviluppo urbano attraverso l’integrazione dello sport nei processi di rigenerazione ha ormai preso il via e cominciano a fioccare le iniziative in alcune delle sette città coinvolte.

Mercoledì 27 settembre, infatti, Uisp Torino ha organizzato un pomeriggio all’insegna dello sportpertutti a Cumiana 15, l’ex fabbrica Lancia nella Circoscrizione 3, ristrutturata e aperta al pubblico nel 2020, che Sport Civico, vorrebbe trasformare sempre di più in un luogo di ritrovo in cui praticare sport e socializzare. L’occasione di quest’iniziativa è stata data dall’unione di due manifestazioni distinte: la festa dell’accoglienza della Scuola Madre Mazzarello, che si trova in via Cumiana ed è partner di Sport Civico, e l’inaugurazione della nuova zona pedonale nella via.

“Inizialmente operatrici e operatori Uisp hanno animato alcune attività sportive all’interno della scuola, che ospitava genitori e alunni delle primarie e secondarie di primo grado – racconta Matteo Mastorci, coordinatore di Sport Civico per Uisp Torino – dopodichè ci siamo spostati tutti fuori, per inaugurare la nuova area pedonale che collega la scuola a Cumiana 15. Qui abbiamo montato delle porte e una rete, per giocare a calcio e badmington. La nostra affiliata Longboard Crew Italia, anch’essa parte del progetto, inoltre ha organizzato delle attività di skateboard. L’evento è stato molto partecipato, ci saranno state un centinaio di famiglie. Si è trattato di un’ottima occasione per prendere contatto con alunni e alunne che parteciperanno a Sport Civico e con le loro famiglie”.

Oltre alle attività sportive, nel pomeriggio c’è stato spazio anche per gli interventi di alcune figure istituzionali del Comune di Torino, partner di Sport Civico, della dirigente dell’istituto scolastico e del presidente di Uisp Torino, Massimo Aghilar. “Sia con il Comune, che con la scuola, abbiamo già un rapporto di collaborazione stabile, specie in questa zona, da quando abbiamo firmato il patto di collaborazione per la gestione di Cumiana 15 – commenta Mastorci – Ovviamente, come in questo caso, la pedonalizzazione di aree di fronte alle scuole era già un obiettivo del Comune di Torino, ma con l’evento di ieri abbiamo dato una dimostrazione plastica di come a partire da interventi come questi lo sport sociale e pertutti possa trasformare i luoghi in veri e propri spazi di aggregazione”. Nei prossimi mesi, il progetto di Uisp Torino procederà con le attività nelle scuole e presso Cumiana 15, proseguendo il percorso di apertura e incontro con la cittadinanza: “Stiamo lavorando a un vero e proprio open day dove presentare le attività sportive che faranno parte del progetto: skateboard, danza e discipline orientali”, spiega Mastorci (GUARDA LE FOTO).

Anche a Taranto i lavori a Parco Jannelli, situato nel quartiere Taranto 2, procedono spediti. “Sono già 6-7 mesi che lavoriamo su questa iniziativa e possiamo dire di aver già concluso la prima parte del progetto, che prevede la riqualificazione dell’area per permettere l’installazione di tantissimi macchinari per trasformarla in un’area di attività sportive all’aperto e inclusive: siamo molto contenti”, ha detto il presidente di Uisp Taranto, Luca Augenti (GUARDA IL VIDEO). Nel frattempo, con l’obiettivo di riuscire a installare tutti gli attrezzi entro la fine di ottobre, Uisp Taranto si sta muovendo per coinvolgere la cittadinanza nel progetto.

Per questo ha organizzato una conferenza stampa che si terrà lunedì 2 ottobre alle 10, presso il Salone degli Specchi del Palazzo di Città di Taranto, interverranno rappresentanti dell’amministrazione, dirigenti Uisp regionali e provinciali e naturalmente i partner, come l’Istituto Martellotta (LEGGI L’INVITO). Oltre alle attività sportive inclusive, infatti, il progetto prevede laboratori con alunne e alunni delle scuole medie inferiori, con percorsi di educazione civica sui beni comuni, sulla sostenibilità ambientale e la rigenerazione urbana, coordinati da operatori Uisp. “Abbiamo già provveduto a invitare tutti i partner: le associazioni di quartiere, la parrocchia, le associazioni sportive affiliate e le cooperative sociali che lavorano con i ragazzi e le ragazze con disagio psichico. D’altronde, quando a marzo il progetto finirà, sarà proprio la comunità che si è creata attorno al parco a prendersene cura, lo facciamo per questo”, chiosa la coordinatrice di Sport Civico per Uisp Taranto, Antonella Palmigiano(Lorenzo Boffa)

Sport Civico per vivere in città più giuste e attive

Possiamo trasformare le nostre città in luoghi più sani e vivibili? E’ la sfida lanciata da Sport Civico in sette città italiane. Ne parliamo con E. Dorato

Nella settimana in cui lo sport è entrato ufficialmente nella Costituzione italiana, torniamo a parlare di come non sia solo sudore e competizione, ma anche una chiave per immaginare luoghi, relazioni e società diverse. Pensare alle nostre città come grandi campi di gioco in cui la nostra partecipazione attiva può fare la differenza: è questo l’approccio promosso dall’Uisp con “Sport Civico”, il progetto che promuove lo sport sociale e per tutti nei processi di rigenerazione urbana di sette città italiane. Le nostre città non devono essere solo luoghi dove vivere, ma luoghi dove vivere bene e il connubio fra sport, ricerca scientifica e urbanistica può permetterci di incidere in questo senso. Ne abbiamo parlato con Elena Dorato, architetta-urbanista, ricercatrice in progettazione urbanistica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara e membro del comitato scientifico di Sport Civico. 

Cominciamo con una domanda facile (si fa per dire): come viviamo in città?
“Facciamo una premessa: in questo mondo globalizzato, quando parliamo di città questo termine può assumere così tanti significati che quasi viene svuotato di senso. La maggior parte delle volte in cui pensiamo “alla città”, abbiamo in mente i contesti che conosciamo e abitiamo. Io, ad esempio, che vivo in Emilia Romagna penso subito alle città medie, i capoluoghi di provincia dove si concentra la maggior parte della popolazione (Bologna, Reggio-Emilia, Ferrara). Se però ci spostiamo in un contesto diverso a livello europeo o mondiale, le cose cambiano: le tipologie di città si moltiplicano e per questo è necessario caratterizzare, aggettivare le città quando ne parliamo.
Non c’è una risposta univoca dunque ma, fatta questa premessa, è chiaro che diverse città offrono una diversa qualità di vita a chi vi abita. Se in generale, al netto di situazioni critiche specifiche (ad esempio, la prossimità a grandi comparti industriali), una cittadina italiana media offre buone condizioni per il mantenimento della salute dei suoi abitanti, nelle metropoli la questione cambia ed emerge più forte il tema della salute legato alle disuguaglianze. La ricerca scientifica sta dimostrando sempre di più il forte legame fra status socioeconomico della popolazione e condizioni di salute, quindi “quanto sono ricco e dove vivo” sono fattori che influenzano moltissimo le nostre condizioni di salute. In una grande città, se sono benestante, vivo in centro, mi sposto a piedi o in bicicletta, con giardini, parchi e tutti i servizi a disposizione. Se vivo nei comparti di edilizia residenziale pubblica di una grande periferia, senza servizi né spazi pubblici di qualità vicino a me, la mia qualità di vita sarà più bassa e la mia salute peggiore. Insomma, è evidente che il contesto urbano con le sue caratteristiche fisiche e strutture socio-relazionali determini in gran parte la nostra qualità di vita e il “dove vivo” e lo status socioeconomico si intrecciano”.  

Nel rapporto fra città e salute dove si situa l’urbanistica come disciplina?
“Nel rapporto fra città e salute l’urbanistica sta a monte. Questa relazione ha radici antichissime: pensiamo ai filosofi greci, che erano filosofi ma anche un po’ medici. Aristotele ad esempio scrive che una delle quattro considerazioni necessarie per pianificare l’ideale di città è la salute. Il trattato più famoso di Ippocrate da Kos, che molti conoscono per il giuramento che fanno i dottori, è intitolato “Delle acque, delle arie e dei luoghi”. Insomma, l’idea che l’ambiente contribuisca fortemente a determinare le nostre condizioni di salute è molto radicata nella nostra cultura e da lì hanno attinto molte scienze, a partire dalla medicina. L’urbanistica arriva dopo, secondo molti autori nasce come disciplina codificata a metà dell’ottocento, quando in Europa, con la rivoluzione industriale, la popolazione si sposta in massa dalle campagne alle città, che però sono città inquinate e inospitali. La gente vive accanto alle fabbriche, ne respira i fumi, beve acqua contaminata e muore giovanissima. Infatti, possiamo dire che i primi urbanisti sono medici/demografi che avevano intuito che chi viveva più vicino alla fabbrica moriva prima (di nuovo, torna la questione centrale del “dove vivo”). In questo senso, l’urbanistica nasce da questa spazializzazione della malattia. Chi progetta dunque le città ha come fine il benessere delle persone, inteso anche come salute fisica, mentale e sociale. E quest’ultima accezione è emersa chiaramente durante il Covid”.

Quale visione della città bisognerebbe allora adottare per progettare spazi e città in cui si sta meglio?
“Premetto che non c’è una ricetta, che comunque non ci inventiamo niente e che la stessa Città dei 15 minuti che si è affermata durante il Covid ha radici più antiche. Quello di cui abbiamo bisogno per avere città più sane, attive e anche più giuste, sono innanzitutto più spazi di prossimità e spazi pubblici di qualità. Partiamo dalle strade, l’archetipo dello spazio pubblico: quale mobilità vogliamo nelle nostre città? Stiamo ancora adottando modelli modernisti novecenteschi, in cui il traffico veicolare viene prima di tutto, nonostante gli studiosi abbiano perfettamente capito che non possiamo proseguire così. Non è solo un tema di sedentarietà e di inquinamento, ma anche una questione spaziale. Non possiamo continuare a permettere alle automobili di circolare dovunque e di occupare tutto lo spazio fisico della città (le strade, le piazze, i sagrati delle chiese): pensiamo che un’auto in sosta occupa quanto 10 biciclette, quanto 20 persone. Bisogna privilegiare la mobilità sostenibile, quella attiva e quella pubblica, invece di quella privata. In secondo luogo, bisogna riconquistare lo spazio pubblico, quantitativamente e qualitativamente. Giardini, piazze, parchi: il discorso della città dei 15 minuti ha senso solo se chiunque, indipendentemente da dove vive e dal suo status, può uscire di casa in bici o a piedi e andare in piazza a trovare gli amici, al parco a fare una passeggiata. Tutto ciò va fatto prima di dire alle persone di cambiare il loro stile di vita. Bisogna offrire uno spazio urbano che supporti nel tempo un cambiamento nel comportamento: non basta dire alle persone di smettere di usare la macchina, bisogna impostare delle politiche urbane che incentivano le persone a intraprendere scelte che gli permettano di vivere meglio. La teoria la conosciamo, sappiamo come questo può influire sulla nostra salute, ma bisogna prendere delle decisioni, anche politiche”.

Preparare il terreno per il cambiamento culturale, in questo modo si possono anche prevenire malattie o problemi medici?
“E’ tutto collegato. Nel momento in cui il cittadino decide di lasciare a casa la macchina e andare a lavoro in bicicletta o coi mezzi, il pubblico ha già guadagnato perchè uno stile di vita più sano, nel tempo, determina un’ottimizzazione delle condizioni di salute della popolazione. Ci sono tutta una serie di studi di diverse discipline che sono in grado di quantificare la spesa sanitaria di un luogo rispetto a un altro in base alle politiche che si intraprendono. Non solo, la salute dei cittadini va di pari passo con la salute urbana, che è anche salute ambientale: se ho meno macchine c’è meno inquinamento, se ho più verde pubblico l’effetto “isola di calore” diminuisce e con essa i disagi e i rischi che induce. Oggi siamo in grado di quantificare anche in termini economici questi benefici. Quello che manca in Italia è il coraggio, tanto degli amministratori, quanto degli elettori. Non ci fidiamo abbastanza degli studiosi e non abbiamo ancora capito quanto le politiche pubbliche possono impattare sulle nostre vite”.

Parliamo di Sport Civico. Come vedi il ruolo dello sport sociale nei processi di trasformazione dei quartieri e delle città in un senso di miglioramento delle condizioni di vita delle persone?
“In questi ultimi 20 anni, si è fatta molta ricerca sul ruolo dello sport, soprattutto nei contesti più fragili. Tutti i casi studiati in Europa, negli USA, in Canada e in America Latina ci restituiscono il beneficio di questi spazi non necessariamente competitivi, soprattutto in quei contesti di scarse risorse, bassa qualità della vita, esclusione sociale e atomizzazione della società. Gli spazi ludico-sportivi aperti sono luoghi di aggregazione attiva in cui i giovani – e non solo – possono incontrarsi e dire “questo spazio è nostro”. Quello che fa Sport Civico in questo senso è rilevante e l’Uisp, essendo l’associazione più importante in Italia ad occuparsi di questi temi, dovrà guardare le cose in prospettiva. Il lavoro puntuale che Sport Civico sta facendo con le scuole, unito agli interventi nei quartieri, potrebbe essere la base per operazioni ancora più grandi, strutturate e sperimentali da attuare in futuro. Ad esempio, si potrebbe lavorare ancora di più sugli spazi pubblici e su sistemi più complessi all’interno delle città, partendo dalla scuola, coinvolgendo le famiglie nel riflettere sulla mobilità dei percorsi casa-scuola. Insomma, uscire dalla logica puntuale, del parco, del giardino, della scuola e andare sui sistemi strutturali delle città. Ovviamente, non si tratta di un percorso di trasformazione che Uisp dovrebbe gestire da sola”.

Che tipo di definizione di rigenerazione urbana dovremmo cercare di tenere a mente e di promuovere per tenerci alla larga da un uso retorico di questa espressione?
“Rigenerazione è una di quelle parole che l’urbanistica ha rubato alla medicina: le nostre cellule si rigenerano, i nostri tessuti. Parlando del legame tra città e salute, significa dunque pensare a dei sistemi socio-spaziali che hanno la forza di rigenerarsi quando “si ammalano”. La cosa che trovo fondamentale di questo concetto è che c’è il RI davanti, cioè che finalmente abbiamo capito che non possiamo più parlare di urbanistica in termini espansivi, di consumo di suolo, ma bisogna ottimizzare le risorse esistenti. La strategia di fondo è allora quella di trasformare le città. Mi piace molto l’idea, come nel caso della definizione proposta dalla Regione Emilia-Romagna, di associare alla rigenerazione una forte partecipazione cittadina, un elemento nuovo rispetto alla riqualificazione di cui si parlava una ventina d’anni fa. Oggi, seppur ancora non sufficientemente, ci siamo accorti che fare, disfare e rifare le città senza la partecipazione democratica di chi le vive espone i processi a un’alta possibilità di fallimento. La ricerca scientifica ci aiuta, perché ha dimostrato che la partecipazione migliora l’attaccamento ai luoghi ed è una garanzia sul futuro: se le persone partecipano alla costruzione degli spazi in cui vivono, poi se ne prenderanno più cura”. 

Cosa si può fare allora per coinvolgere il più possibile le persone in progetti come Sport Civico?
“Ovviamente la partecipazione non sarà mai completa: parteciperà sempre e solo una parte di popolazione più sensibile. Dobbiamo accettare questa contraddizione. Detto questo, bisogna abituare le persone. Bisogna far capire ai cittadini che la loro voce è importante e che i loro contesti di vita, la loro quotidianità sono importanti. Inoltre, la partecipazione non è armonia, ma spesso anche conflitto, perché le persone non sono mai completamente d’accordo tra di loro o con gli enti. Allora, fare partecipazione significa anche abitare un conflitto e provare a gestirlo. Posto che portare avanti dei processi partecipativi seri e incisivi è molto complesso, che fare? Bisogna informare le persone sul loro potere, sul fatto che possono fare qualcosa, che è un loro diritto esercitare la partecipazione, far sentire la loro voce. In secondo luogo, non meno fondamentale, bisogna stimolare gli Enti a spendere risorse ed energie in reali processi partecipativi, fargli capire che questo porta un beneficio anche per loro: le persone che partecipano, anche nel conflitto, ti aiutano e alla fine quello che emerge dai processi veramente partecipati sono spazi urbani molto più vissuti e presi in cura dai cittadini che hanno contribuito a realizzarli”. (Lorenzo Boffa) 

Sport Civico a Padova: una via colorata verso nuove socialità

Uisp Padova presenta il suo progetto per Sport Civico: co-progettazione nelle scuole, writing, giochi tradizionali e tanto altro. Parla M. Fiorese

Continuiamo a esplorare il mondo di Sport Civico, il progetto innovativo di Uisp che mette lo sport al centro dei processi di rigenerazione urbana in 7 città italiane, promuovendo pratiche di cittadinanza attiva. Dopo aver gettato uno sguardo alle iniziative dei comitati territoriali di MateraPratoTorinoRomaReggio-Emilia e Taranto, questa volta ci spostiamo a Veggiano, piccolo comune al centro dell’iniziativa di Uisp Padova. Ma che cosa succederà in concreto? Ne abbiamo parlato con Monica Fiorese che, assieme ad Alessandra Mariani, coordina le attività di Sport Civico per Uisp Padova.

Il progetto prende vita grazie alla sinergia tra diverse realtà, a partire dal Comune, con il coinvolgimento dell’assessorato allo sport, alla pubblica istruzione e all’ associazionismo. È un percorso che punta all’integrazione intergenerazionale e alla partecipazione attiva della comunità tutta: studenti, famiglie, anziani sono chiamati a prendere parte alle iniziative di rigenerazione e coprogettazione che avranno luogo nella zona. Due i luoghi di interesse: l’Istituto Comprensivo Statale di Mestrino, frequentato dai giovani del paese, e il Parco della Memoria, che versa in stato di abbandono ed è situato in una zona difficilmente raggiungibile. L’idea di massima è quella di creare un vero e proprio percorso grafico e interattivo che colleghi questi due luoghi, aperto a tutta la cittadinanza.

Per farlo, nel progetto sono previste un totale di circa 100 ore di laboratori scolastici di partecipazione civica che coinvolgeranno circa 130 alunni e alunne della scuola media primaria. “Faremo degli incontri nelle classi per presentare il progetto e coprogettare, assieme ai ragazzi, alcuni interventi da fare nel parco e non solo” spiega Fiorese. Si tratta di una pratica già attivata da Uisp Padova in quest’area, aggiunge: “abbiamo già fatto laboratori di cittadinanza attiva, con le scuole. Ad esempio, in un comune limitrofo, in questo modo alunni e alunne hanno dato vita a un cineforum, riattrezzato il parco della propria scuola e organizzato una vera e propria festa di restituzione del percorso”.

Il percorso grafico interattivo è un’idea innovativa, pensata per interagire con la cittadinanza in molte e diverse maniere: “Non si tratta solo di strisce colorate che guidano i cittadini, con impronte di mani e piedi – commenta Fiorese – sul percorso ci saranno anche esercizi di movimento da eseguire, dotati di QR code che rimandano alle istruzioni. L’idea è far sì che le persone possano fare il percorso abituale, ma facendolo in movimento”. Un writer locale guiderà i ragazzi nella realizzazione delle illustrazioni dando loro modo di apprendere una tecnica pittorica nuova e, contemporaneamente sentirsi radicalmente parte di questo movimento. D’altronde è l’essenza del writing lasciare un segno nello spazio pubblico che dice “io sono qui, io esisto così”. Passando davanti a quei disegni, nel tempo, i protagonisti di questa storia potranno ricordarsi di quest’esperienza e dell’importanza che avrà avuto per i propri compaesani.

Il Parco della Memoria, situato dietro un quartiere residenziale, è al momento trascurato, poco segnalato e dunque poco utilizzato. L’obiettivo è cambiarne la percezione e renderlo un bene comune, spiega Fiorese: “Una volta bonificata l’area, installeremo attrezzature sportive, come quella per il disc golf, e giochi tradizionali, rendendo il parco accessibile a tutte le età e organizzeremo eventi per coinvolgere le persone. Questi luoghi dovrebbero essere dei presidi di incontro, dalla mamma col bambino all’adolescente per trovarsi coi suoi pari. Vogliamo trasmettere il messaggio che questo parco è di tutti, che rimarrà a disposizione della comunità anche dopo la conclusione del progetto“. La collaborazione tra studenti e anziani gioca un ruolo fondamentale, sottolinea Fiorese: “Coinvolgeremo un’associazione di anziani del territorio che ha già collaborato con la scuola in passato. Inoltre, abbiamo notato come i giochi tradizionali hanno veramente la capacità di creare atmosfere di divertimento e unione sociale uniche, oltre a trasmettere la memoria storica”. Anche in questo caso, voucher di Sport Civico saranno distribuiti agli studenti partecipanti ai laboratori, agli anziani coinvolti nella manutenzione e a tutte le persone che collaboreranno nei laboratori, con l’obiettivo è promuovere l’attività fisica presso alcune associazioni sportive affiliate.

In un’epoca in cui gli spazi di aggregazione scarseggiano, soprattutto nei piccoli centri abitati, attraverso Sport Civico Uisp si impegna affinché gli spazi urbani possano essere rivitalizzati e riutilizzati per scopi comunitari. Iniziative come quella di Veggiano, che coinvolgono diverse generazioni, incidono non solo sugli spazi fisici ma anche sul senso di appartenenza e di partecipazione dei cittadini, a partire dai più giovani, perchè, come sottolinea Fiorese: “cercano uno spazio per trovarsi che sentano tutto loro. Quando ragazzi e ragazze partecipano attivamente alla riqualificazione di un luogo, allora cominciano a sentirlo anche loro e questo cambia il modo in cui lo vivono”. L’obiettivo finale, d’altronde, è quello di rendere gli spazi urbani non solo più belli, ma anche più vivi e partecipati.

Sport Civico a Taranto: i beni comuni che cambiano le comunità

Con Sport Civico, Uisp Taranto vuole trasformare Parco Jannelli in un centro di attività in cui tutte e tutti sono chiamati a fare la propria parte

Mancano ormai pochi giorni alla riapertura delle scuole. Finiscono le vacanze, cominciano le lezioni e iniziano le prime azioni pilota di Sport Civico, il progetto nazionale Uisp in cui la rigenerazione urbana incontra la cittadinanza attiva attraverso lo sport. Sette comitati territoriali Uisp saranno, infatti, presenti proprio nelle scuole, con iniziative che stimoleranno ragazzi e ragazze a riflettere sull’importanza dei beni comuni e su come questi, uniti allo sport sociale e per tutti, possono contribuire a creare comunità più inclusive e sostenibili.

“Questo progetto ci dà un’opportunità per cambiare mentalità, per cambiare la nostra maniera di stare assieme. Ed è importante che questo cambiamento venga trasmesso ai più giovani”, commenta Antonella Palmigiano, che si occupa di coordinare le iniziative di Sport Civico per Uisp Taranto, nel quartiere Taranto 2. Anche qui – come a Torino, Padova, Reggio Emilia, Prato, Roma e Matera – le attività del progetto si svilupperanno su due binari. Da un lato ci sono le iniziative dedicate alla scuola presente nel quartiere, l’Istituto Comprensivo Statale Martellotta, dall’altro le attività di riqualificazione di aree urbane limitrofe. Nel corso delle prossime settimane, infatti, alunne e alunni di età compresa fra gli 11 e i 13 anni saranno coinvolti in percorsi di educazione civica sui beni comuni, sulla sostenibilità ambientale e la rigenerazione urbana, grazie alla collaborazione fra personale scolastico e operatori Uisp. “Abbiamo già preso accordi col preside, che si è mostrato molto disponibile. Il percorso durerà 30 ore e coinvolgerà due classi, per un totale di 50 ragazzi e ragazze”, commenta Palmigiano, che prenderà parte a questa attività in prima persona.

Gli interventi di riqualificazione, invece, si concentreranno nel Parco Jannelli, per creare un playground accessibile e inclusivo per tutte e tutti, senza discriminazioni di età o capacità psicofisiche. Il progetto prevede, infatti, la realizzazione di spazi fitness per giovani e giovanissimi, dove fare attività a corpo libero, oltre a uno spazio per l’arrampicata dedicato ai più piccoli. Ci saranno poi una panca e una shoulder press per fare esercizi, accessibile anche a persone con disabilità, così come lo saranno i tavoli per giochi tradizionali come le carte, la dama e gli scacchi. Secondo Palmigiano il playground dovrà essere un luogo d’incontro intergenerazionale: “Vorremmo coinvolgere gli anziani del quartiere, quelli che magari oggi al parco vanno a sedersi sulla panchina e che un domani invece potrebbero andare per fare anche attività motorie adatte a loro e per curare lo spazio”. Si tratta, insomma, di trasformare quello che è già un bel parco in uno spazio verde di cui persone con necessità diverse possano godere in modi diversi: un punto di ritrovo, ma anche uno spazio da cui cose belle e inaspettate possano emergere, proprio a partire dalla valorizzazione delle diversità.

Una rigenerazione urbana che non produca cittadinanza attiva, d’altronde, è un’opera conclusa solo a metà. “Dobbiamo impegnarci affinchè questo progetto lasci una traccia nella cittadinanza, affinché tutte e tutti si sentano responsabili di quanto è stato messo a disposizione della comunità”, dice Palmigiano, sottolineando come non si tratti semplicemente di installare le attrezzature, ma anche di promuovere iniziative che possano convincere quante più persone possibile a usare questo spazio e prendersene cura. Anche per questo è fondamentale la collaborazione fra i diversi partner di Uisp Taranto nel progetto. C’è il Comune, con l’assessorato allo sport e alla scuola, ma c’è anche la parrocchia di zona, molto attiva con gli anziani. Non possono mancare poi le associazioni sportive, che incentiveranno i residenti a prendere parte a iniziative ludico motorie informali o strutturate, anche grazie all’uso dei Voucher di Sport Civico. Infine, le cooperative sociali che lavorano con persone con disagio psichico supporteranno la partecipazione di circa 20 utenti alle iniziative del progetto: “E’ una collaborazione felice che Uisp Taranto porta avanti da anni, quella con i centri diurni. Io stessa vi insegno yoga”, commenta soddisfatta Palmigiano.

Anche a Taranto, dunque, la sfida abbracciata da Sport Civico è quella di dimostrare come lo sport possa essere il motore per creare comunità più inclusive, sostenibili e attive in città. Quest’iniziativa ispira la trasformazione delle nostre comunità, coinvolgendo giovani e anziani, persone con abilità diverse in un’operazione che va al di là della riqualificazione fisica delle aree urbane; spinge le comunità a diventare protagonisti attivi della loro evoluzione. (Lorenzo Boffa)